Pietro D’Agostino è uno Chef siciliano e questo aggettivo caratterizza non solo l’uomo, ma tutta la sua cucina.
L’amore per la Sicilia e per i prodotti siciliani pervade ogni piatto creato dallo Chef D’Agostino e di recente ho avuto la fortuna di assistere alla creazione di ben 6 (dico: sei!) piatti ad alto tasso di sicilianità direttamente dallo Chef in persona.
Dove?! Non nel suo ristorante “La Capinera“, a Taormina, che gestisce dal 2003 unitamente alla sue sorelle e che si fregia di una stella Michelin; no, i piatti sono stati creati un po’ più in su… a Pordenone, nel Nordest, in una futuristica cucina di proprietà della Electrolux (…tutti gli elettrodomestici che potete immaginare e sognare, lì ci sono!).
Ebbene, in questo corso organizzato dall’Unione Cuochi del Veneto, lo Chef D’Agostino ha raccontato, con la sagacia che gli uomini (e le donne) del Sud hanno, la sua storia, il suo amore per la cucina e la filosofia che accompagna ogni suo piatto.
Il prodotto innanzitutto, che dev’essere italiano o, meglio ancora, siciliano. Eh sì, perché lo Chef D’Agostino ritiene (a buona ragione) che in un ristorante italiano si debba servire cibo (e vino!) italiano, con una particolare attenzione al territorio.
Non solo, oltre che al territorio dev’essere prestata attenzione anche alla stagionalità. In questo periodo quindi vengono privilegiate le verdure come i carciofi ed i finocchi. Il che comporta un indubbio vantaggio per il gusto e per il portafogli.
Lo Chef non si stanca di ripetere che “l’ingrediente è l’80% del piatto”, ed ha ragione!
Nel suo ristorante ciò che viene servito dev’essere semplice, genuino ed espresso. Diffidare quindi dei ristoranti che propongono nel menù 10 varietà di spaghetti, perché si tratta probabilmente di sughi precotti e/o surgelati.
Ma cos’ha preparato lo Chef D’Agostino ai cuochi veneti (io, in mezzo a tutte quelle divise, mi sentivo un po’ come Calimero…) in un’uggiosa giornata di fine febbraio?!
Il primo piatto presentato si chiama: “Passeggiata per la Sicilia“, poiché gli ingredienti usati accomunano diverse province siciliane.
Si tratta di una ricetta a base di polpo, cotto dapprima al vapore e quindi scottato alla brace, con delle patate cubettate, bollite e poi anch’esse cotte alla brace. Con della cipolla di Giarratana cotta in agrodolce, con dei pomodori “siccagni” (tipicamente siciliani, perché non irrigati quindi con un sapore molto concentrato). E con 4 salse: quella verde chiaro (con il finocchietto selvatico), quella rossa (con il peperone), quella gialla (con lo zafferano) e quella verde scuro (con i capperi di Salina).
Più che un piatto, un quadro.
E’ stata poi la volta della “Triglia croccante con porcini, patate e broccoletti“. La triglia viene ridotta a filetti e poi farcita (triglia-farcia-triglia) con una farcia a base di patate, funghi, parmigiano ed aromi. Quindi viene impanata con una panure arricchita da frutta secca ed erbe aromatiche e quindi passata dapprima in padella e quindi finita al forno.
Lo Chef l’ha servita su un piatto di ardesia, aggiungendo la crema di broccoli ed un’erba aromatica che non avevo mai sentito nominare: “la foglia d’ostrica“… masticandola rilascia un delicato sapore di ostrica (provare per credere!).
Il “Manzo, carciofi, patate e senape” è stato l’unico piatto a base di carne presentato dallo Chef D’Agostino. La carne in Sicilia non ha vita facile… come affermato dallo stesso D’Agostino, i siciliani non sanno frollare la carne. Ma per questo scenografico piatto, lo Chef ha scelto una lenta marinatura e poi una cottura sottovuoto, infine la carne è stata scottata in padella.
L’impiattamento, con una vinaigrette a base di senape ed aceto e la patata (che, avvolta nella stagnola, è stata cotta al forno e quindi cubettata), fa comprendere quella differenza (neanche tanto sottile) tra un bel piatto ed un piatto da stella Michelin.
Il baccalà che tanto amo, è stato il soggetto della “Ghiotta di Baccalà a modo mio“. Una preparazione in olio cottura, tecnica usata nell’alta ristorazione e che esalta il sapore del pesce.
Il piatto, nella sua semplicità, era perfetto. Servito con un “tortino” di patata, dei pomodori Pachino confit e gli immancabili capperi. In questa ricetta dei capperi di Salina, che si distinguono da quelli di Pantelleria, per esseri più grossi.
L'”Omaggio a Mazara del Vallo” a mio parere, è stato il piatto maggiormente rappresentativo della cucina di D’Agostino. Aldilà della suggestione data dal nome della ricetta, vi è l’utilizzo (geniale!) dei prodotti.
La ricetta originale prevedeva l’uso dei gamberi (di Mazara, appunto), ma lo Chef l’ha resa unica utilizzando delle triglie che ha semplicemente scottato in padella. E poi una salsa (utilizzata come base del piatto) con arance e patate (che idea, vero?!), ed un’altra salsa con mandorle, miele e zenzero lavorati sino ad ottenere una pomata fluida. Quindi della cipolla, in agrodolce e ridotta a lamelle. C’est genial!
L’ultimo piatto di questa carrellata è stato il “Dentice a pesca“, dei filetti passati in padella e finiti al forno. Su una base di patate e finocchio, con dei coralli di cappasanta ed un cuore di carciofo.
Il piatto viene infine decorato con dei germogli ed una pennellata di nero di seppia.
Come dice lo Chef D’Agostino: “il palato te lo devi costruire, assaggiando”! L’idea mi pare ottima… a giugno a Taormina c’è Cibo Nostrum, manifestazione interamente dedicata ai prodotti d’eccellenza italiani ed in particolare siciliani. Sicuramente ci sarà di che assaggiare (solo per costruire il palato, eh!).
Ringrazio lo Chef Claudio Crivellaro e la Chef Anna Maria Pellegrino per l’opportunità che mi hanno regalato.
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